Imparare la giusta tecnica di arrampicata, e soprattutto il corretto utilizzo dei piedi, ti permette di risparmiare molte energie. Prima di passare ore a fare trazioni e sospensioni alla trave, ti consiglio di padroneggiare la tecnica di arrampicata. E quando ti saprai muovere al meglio, allora sì sarà il momento di dedicarti agli allenamenti che ti permetteranno di salire di grado.
Prima si impara a camminare, e poi a correre 🙂
Tecnica di arrampicata, uso dei piedi e concetti di base
Si definisce appoggio una sporgenza della roccia tale da sostenere il corpo sulla verticale dell’appoggio stesso e comunque sufficiente a permettere una spinta del piede essenzialmente dall’alto verso il basso. Quasi tutte le strutture della roccia che possono essere usate come appiglio offrono anche possibilità d’appoggio, ma solo una tecnica sviluppata d’uso degli appoggi permette di sfruttare le più piccole asperità.
Le scarpe hanno un ruolo della massima importanza nel diverso modo d’impiego dei piedi nell’arrampicata. La mescola delle suole da aderenza, come anche la forma della scarpa stessa, sono fattori importanti che determinano la tecnica d’appoggio usata dall’arrampicatore. Quando la pressione di caricamento sulle suole delle scarpe e l’angolo tra la scarpa e la roccia sono corretti, perfino appoggi grandi quanto una testa di fiammifero tengono ancora.
Su appoggi piccoli e piccolissimi la parte più efficace della suola è il bordo interno della punta. Spesso la struttura della roccia impedisce questa posizione del piede e così si deve stare frontalmente sulle punte dei piedi. Ciò richiede una maggiore forza delle dita e del polpaccio, perché l’applicazione della forza avviene con un angolo sfavorevole.
La tecnica di caricamento frontale degli appoggi è usata soprattutto sulla roccia calcarea, in buchi poco profondi.
A causa dell’anatomia del piede, molto più compatta rispetto a quella delle dita, le possibilità d’incastro sono molto limitate e sfruttano solo la torsione e la leva.
Appoggi inclinati (in aderenza) sono sfruttati nel modo più efficace quando si cerca di portare a contatto con la roccia la maggior superficie possibile della suola. Nell’arrampicata classica le gambe svolgevano solo una funzione di sostegno e di spinta per la progressione.
Oggi l’arrampicatore estremo deve abbandonare completamente quest’opinione. Con gli alti gradi di difficoltà attualmente raggiunti, agli arti inferiori sono date delle possibilità d’impiego molto ampie, nelle quali essi devono svolgere un “lavoro attivo”, con il tallone in pressione e trazione (foot-hook) e on la parte superiore del piede in trazione (toehook).
Per questo dobbiamo focalizzare l’attenzione sia sullo spostamento del peso, cioè del baricentro che è rappresentato da un punto ideale all’interno del bacino, sia sulla spinta delle gambe. È inoltre necessario imparare a separare completamente il movimento del bacino da quello dei piedi. Questo è indispensabile per essere sempre in equilibrio, quando passiamo da un appoggio all’altro.
Caricare un appoggio
Parlando di tecnica di arrampicata, è fondamentale concentrarsi sull’importanza del correto uso dei piedi. Caricare un appoggio significa esercitare una spinta distendendo la gamba che lavora sull’appoggio soltanto dopo aver ricercato l’equilibrio sull’appoggio stesso, in modo da sollevare il bacino (baricentro) con la spinta della gamba. Nei casi in cui non c’è necessità di sollevare il bacino, caricare l’appoggio equivale a trasferire il peso sulla gamba, ricercando sempre l’equilibrio. Quanto detto è ugualmente valido se si lavora in aderenza.
È innanzi tutto necessario contrastare la tendenza che porta a poggiare i piedi più volte sullo stesso punto, come per tastare la roccia e “sentirne” la tenuta, nell’intento di migliorare la posizione del piede. La stessa tendenza va contrastata anche per il movimento delle mani.
L’apprendimento è facilitato dalla ripetizione e dall’esecuzione lenta dei movimenti (esercizi e progressioni) eseguiti su terreno facile.
I terreni appoggiati (inclinati) richiedono prevalentemente numerosi passi di piccola ampiezza. Su terreno strapiombante è preferibile aumentare invece l’ampiezza dei passi per ottenere una maggiore velocità d’esecuzione, diminuendo così il tempo di durata dello sforzo degli arti superiori che su questo terreno sono coinvolti maggiormente. I terreni verticali rientrano nel primo o nel secondo caso secondo la peculiarità del passaggio.
Retroversione del bacino
Isolare il bacino significa separare il movimento del bacino da quello del busto, di norma quando utilizziamo quattro punti d’appoggio ma anche quando utilizziamo solo una gamba e il braccio opposto.
La retroversione del bacino (fig. a) è un arretramento delle creste iliache che producono un abbassamento del coccige. Questo avviene proiettando in avanti il pube e ottiene per effetto la rettilineizzazione della curva lombare. La retroversione del bacino permette di caricare in modo ottimale gli appoggi, soprattutto quando poggiamo la parte anteriore del piede. Infatti, la retroversione del bacino permette di portare il peso esattamente sulla verticale degli appoggi evitando di affaticare eccessivamente gli arti superiori.
Sentire il baricentro del proprio corpo
Giusti esercizi permettono di “sentire” il baricentro e di trovare l’equilibrio attraverso il movimento del bacino.
Prima di sollevare un piede è necessario spostare il bacino ricercando perfettamente l’equilibrio sull’altro piede (quello che rimane in appoggio). Bisogna poi rimanere in equilibrio su una gamba, mentre muoviamo l’altra per raggiungere l’appoggio successivo.
Se il baricentro del corpo dell’arrampicatore cade sulla base di appoggio, il corpo si trova in equilibrio stabile: uno stile di arrampicata economico, che permette un risparmio di forza, tende sempre a far assumere al corpo una posizione di equilibrio il più possibile stabile.

Ad eccezione del caso di un terreno strapiombante, in cui non è possibile mettere il baricentro sulla verticale degli appoggi a causa della pendenza della parete, quando ci troviamo con i piedi sugli appoggi dobbiamo tendere in linea di massima a mantenere il bacino il più possibile sulla loro verticale.
Il principiante deve acquisire familiarità con quest’assetto su pareti notevolmente appoggiate perché normalmente su questi terreni una tendenza istintiva lo porta ad avvicinarsi alla parete, allontanandolo da una posizione in verticale sugli appoggi.
Nel caso d’appoggi ampi, il principiante è portato a poggiare la maggior superficie possibile della suola delle scarpette sugli appoggi stessi. Si deve invece utilizzare solo l’avampiede (la parte anteriore del piede che comprende le falangi e le articolazioni tra metatarso e falangi) anche quando l’appoggio offre uno spazio maggiore, evitando di interessare l’arco plantare e il tallone.
Quando la sporgenza è più stretta si deve prestare attenzione a poggiare la parte interna dell’avampiede, corrispondente al dito alluce, coinvolgendo “in primis” l’articolazione che collega alluce e metatarso.
In una fase più avanzata dell’apprendimento si potrà poggiare anche la parte esterna del piede, in prossimità del dito mignolo. Nel caso di buchi e appoggi piccoli si utilizzerà la punta del piede (falange ungueale dell’alluce).
In generale, è necessario imparare a mantenere i talloni bassi e a non superare con essi il piano d’appoggio. Bisogna perciò allenare le dita dei piedi in modo da evitare di alzare troppo il tallone quando poggiamo il piede di punta, allenamento necessario soprattutto in previsione d’appoggi piccoli. Infatti, ad una minore capacità di far forza con le dita dei piedi, corrisponde una maggiore necessità di tenere il tallone sollevato.
Il tallone alto diminuisce la stabilità, affatica il polpaccio (tremore incontrollato), ostacola la retroversione del bacino e quindi tende ad affaticare eccessivamente gli arti superiori.
Tecnica di arrampicata e uso dei piedi in aderenza
Per quanto riguarda l’uso dei piedi in aderenza, possiamo affermare che in questo caso il piede, venendo a mancare un sostegno adeguato per mancanza di sporgenze nette, viene poggiato su un’ondulazione o su un tratto liscio di parete, in modo da sfruttare al massimo l’attrito della suola.
Differentemente da quanto avviene nell’uso dell’appoggio (in cui la posizione ottimale è sulla verticale dell’appoggio stesso), nella tecnica dell’aderenza, allontanando il bacino dalla parete (in senso perpendicolare alla parete stessa) aumentiamo la capacità di tenuta dei piedi.
Infatti, la pressione che determina l’attrito della suola sulla roccia dipende dalla componente di spinta perpendicolare alla superficie di contatto. Questo è possibile naturalmente se possiamo far presa sugli appigli.
Il presupposto della tecnica di aderenza di un arrampicatore è il controllato spostamento del baricentro del corpo.

Le mani hanno solo una funzione di sostegno, in modo che la progressione sicura è possibile solo quando il baricentro del corpo viene mantenuto direttamente sulla base di appoggio. Nei casi in cui dovremo utilizzare anche le mani in aderenza, potremo conseguire l’equilibrio ponendo il bacino sulla verticale della superficie di contatto dei piedi, ma quando l’attrito della suola non è sufficiente a sostenerci, distribuiremo il peso su tutti gli arti interessati.
Per imparare il valore limite d’aderenza delle scarpe è consigliabile arrampicare su massi a poca altezza da terra.
È importante studiare soprattutto il corretto assetto che il corpo deve assumere quando poggiamo i piedi in aderenza utilizzando degli appigli per le mani. Bisogna quindi esercitarsi ad individuare il “momento limite” della tenuta dei piedi in aderenza, al fine di acquisire la necessaria sensibilità: è proprio questa, infatti, che ci permette di risparmiare l’energia delle braccia, qualunque sia la posizione delle mani sulla roccia.
L’uso dell’aderenza presenta indubbiamente un’elevata difficoltà d’apprendimento. Mentre è relativamente semplice imparare a posizionare il piede sugli appoggi e caricarli, migliorare la sensibilità al fine di individuare il limite di tenuta dei piedi in aderenza e saper trovare l’esatta disposizione del bacino in questo situazione, risultano tra le cose più complesse dell’arrampicata.
Gran parte di queste notizie sono tratte da “L’arte di arrampicare”, Edizioni Mediterranee, di Paolo Caruso.
Se sei alle prime armi e sei in cerca di un insegnante, dai un’occhiata a questo programma: Primi passi sulla roccia.
Gradi di arrampicata su roccia
Nell’arrampicata su roccia, nell’alpinismo e in altre discipline di arrampicata, gli alpinisti danno un grado a una via di arrampicata o problema di boulder, inteso a descrivere in modo conciso la difficoltà di arrampicarsi. Diversi tipi di arrampicata (come l’arrampicata sportiva, il bouldering) hanno ciascuno il proprio sistema di classificazione e molte nazionalità hanno sviluppato i propri sistemi di classificazione distintivi.
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Baricentro ed equilibrio – Dal canale Vimeo di Roberto Presterà