La nostra prima scalata: la Torre Quarta Bassa e la Torre Grande
Una STORIA VERA di Jukka Kukkonen – Accadde l’8 luglio 2016
Per il mio 54° compleanno volevo fare qualcosa di speciale, così contattai Enrico Maioni, guida alpina di Cortina d’Ampezzo. Fu così che Enrico promise di organizzare, nel mese di luglio, una settimana di sport in montagna per me e mio figlio Jon.
Al mattino del quinto giorno della nostra settimana di vacanze il tempo non era molto bello, faceva freddo ed il cielo era coperto.
Nonostante ciò, ci indirizzammo alla volta delle Cinque Torri, per fare un po’ di arrampicata. Sebbene io e Jon avessimo fatto un po’ di bouldering e di arrampicata indoor in Finlandia, questa volta si trattava di una cosa completamente diversa.
Enrico guidò fino al Rifugio Cinque Torri, a quota 2137 m, e da lì ci incamminammo lungo un sentiero di poco sopra al limite della vegetazione, ed in pochi minuti ci trovammo nel bel mezzo delle Torri.
Da cortina le Torri sembrano cinque, ma quando ti avvicini puoi vederne molte di più.
La Torre Grande è divisa in Cima Nord, Cima Sud e Cima Ovest. La seconda Torre consiste anch’essa in tre distinti blocchi: Lusy, Barancio e Romana. La Torre Quarta è formata da Quarta Bassa e Quarta Alta. La quinta Torre è chiamata Torre Inglese. Inoltre, ci sono numerosi pinnacoli e torrioni minori senza nome.
Le 5 Torri contano oltre 130 tiri d’arrampicata. Mi piace ricordare una via in particolare, la Via Finlandia sulla Torre Grande (Cima Nord), aperta il 27 luglio 1959 da W. Gstrein e Matti A. Jokinen di Helsinki, un pioniere dell’arrampicata finlandese.
C’era già un po’ di gente che stava scalando sulle Torri; Enrico ci portò alla base della Torre Quarta Bassa, e ci disse che quella sarebbe stata la nostra prima salita. Rimanemmo sbalorditi: la torre sembrava enorme osservandola da sotto in su. Iniziai a dubitare di potercela fare, ma era ormai troppo tardi per tornare indietro. Indossammo le imbracature, scarpette da arrampicata e caschi. Enrico iniziò la scalata, posizionando i rinvii e le nostre corde. Seguimmo semplicemente la corda, recuperando i rinvii mentre salivamo.
Dopo solo 15 metri arrivammo ad un tratto difficile, che iniziava con una spaventosa attraversata sotto a un tetto. Le persone a terra apparivano piccole mentre guardavo in basso, cercando l’appoggio successivo. Superammo abbastanza facilmente questo tiro di corda, ma il successivo sembrava problematico. Mio figlio lo provò per primo e ce la fece senza problemi. Io lo seguii, e poco oltre arrivammo in cima. Avevo un po’ dei graffi sulle mani, ma mi sentivo trionfante mentre Enrico ci calava a terra dall’altra parte.
Le nuvole si dissolsero mentre facevamo una pausa rilassante tra le torri, e proprio allora il mio iPhone segnalò che c’era un geocache a pochi metri di distanza. Enrico non aveva mai provato il geocaching, quindi gli mostrammo di cosa si trattava. Il GPS era un po’ nervoso tra queste alte torri, ma comunque dopo aver guardato sotto varie rocce trovammo il contenitore che stavamo cercando.
Quindi ci dirigemmo verso la torre più alta: la Torre Grande, 140 metri. Enrico ci guidò alla base della Cima Ovest, assicurandoci che la salita lungo la Via delle Guide sarebbe stata facile. Non potei fare a meno di pensare che stavamo per salire due volte l’altezza della torre dello Stadio Olimpico di Helsinki.
La salita consisteva in cinque lunghezze di corda. Per lo più era facile, ma era lunga, e la Torre alta. Potevo sentire le persone sui prati sottostanti, e quando guardai in basso per vedere cosa stavano facendo mi accorsi di quanto sembravano piccoli, come le formiche.
Da qualche parte nella parte centrale della salita mio figlio gridò che non riusciva a raggiungere la prossima presa per la sua mano. Mi spostai rapidamente sotto di lui e lo spinsi verso l’alto. Quindi arrivammo a una traversata a destra senza alcun appiglio decente. Afferrammo la roccia con le mani, e in qualche modo riuscimmo a superare questo difficile passaggio. Il resto della scalata fu relativamente facile, e presto raggiungemmo la cima della Torre Grande, accanto al sorridente Enrico. Mi sentivo così sfinito che per qualche minuto mi sdraiai sulla schiena con gli occhi chiusi. La vista era incredibile, ed eravamo euforici durante lo scatto delle foto di rito.
Ma non era finita lì. Cinque tiri in su significavano anche cinque tiri in giù. La via più breve era sul lato opposto alla via di salita. Dovemmo attendere un po’ che altri scalatori scendessero prima a noi. In discesa evitammo con attenzione di far cadere pietre, che avrebbero potuto colpire gli scalatori sottostanti. Mentre scendevo con uno stinco urtai una sporgenza affilata, e mi procurai un bel graffio nonostante indossassi i pantaloni lunghi. Ma non provai alcun dolore, grazie all’adrenalina che scorreva nelle mie vene.
Infine, raggiungemmo un sentiero alla base della torre e ci allontanammo rapidamente perché stavano scendendo altri scalatori. Forse avevano fretta, cattiva consigliera, e fecero cadere alcune rocce che ci oltrepassarono rotolando giù per il ripido pendio.
Recuperati i nostri zaini, che avevamo lasciato alla base, ci fermammo un po’ per alcuni drink e snack.
Poi, proseguimmo verso il rifugio 5 Torri. Il ristorante era aperto, quindi festeggiammo con un drink prima di tornare al nostro hotel nel primo pomeriggio.
Questo fu mentalmente uno degli allenamenti più difficili di sempre, e sicuramente, il giorno più epico della nostra settimana!
Grazie mille Enrico.