Valanga a Cortina

Sette vittime da valanga a Cortina

È vero, una valanga a Cortina che causa ben sette vittime! Ma non oggi. Di questo parlerò tra poco.

In occasione della recente nevicata, ho voluto scrivere queste righe per ricordare ancora una volta quanto sia importante prestare attenzione quando ci si inoltra sulla neve al di fuori delle piste battute. La nevicata di due giorni fa non ha certo portato una gran quantità di neve, ma questo non significa che il pericolo di valanga non sussista.

Apro una breve parentesi: proprio qui a Cortina, nel 1989, Maria Clara Walpoth, Iaia per gli amici, perse la vita scendendo lungo le Creste Bianche. Era il giorno di Natale, e in quell’anno di neve ce n’era davvero poca. Infatti, il 1989 in Dolomiti è stato l’anno con le minori precipitazioni nevose dell’ultimo ventennio.

Iaia era una cara amica, e fu doloroso partecipare alle operazioni di soccorso. Nonostante la poca neve al suolo, il fronte totale del distacco fu di 1.200 metri, e questo provocò una slavina di enormi dimensioni. Invito il lettore a leggere il resoconto delle operazioni di soccorso, una delle operazioni di soccorso alpino più importanti compiute sulle Dolomiti.

Ma torniamo ora alla nevicata di due giorni fa, che nonostante lo scarso apporto nevoso si è rivelata comunque pericolosa, provocando alcuni incidenti. Ieri sono spirati forti venti settentrionali con notevole trasporto di neve e formazione di accumuli.
Il pericolo stimato è di grado 3 e così recita il bollettino neve e valanghe: «Il pericolo di valanghe è dato principalmente dalla neve ventata presente nei canali, conche e vallecole sottovento dove sono possibili distacchi provocati di valanghe di lastroni soffici da vento, che non sono consolidati con la neve vecchia, anche con debole sovraccarico. Con l’aumento delle temperature sono anche possibili scaricamenti di neve recente e di neve ventata lungo i ripidi canaloni e versanti alla base delle rocce.»

La slavina nel “Luò de Vilagranda”

Ma ora voglio raccontarti della valanga a Cortina. Mi riferisco alla slavina che s’abbattè sulla strada che dal “Torniché” (Sant’ Ubertus) porta a Malga Ra Stua, nel 1916. Se presti attenzione, lungo il percorso potrai vedere una lapide di marmo rosso, incastonata nella roccia.

In questo luogo, che gli Ampezzani conoscono come “Luò de Vilagranda”, il luogo del grande villaggio, il 27 febbraio 1916 sette soldati austroungarici morirono travolti da una valanga. La lapide, che misura 52 x 43 cm, ricorda l’infausto avvenimento.

Vi sono scolpite queste parole: “In ricordo degli eroi caduti il 27 febbraio 1916 a causa di una valanga. Fanti del Landsturm (esercito della riserva in cui militavano gli anziani) battaglione 168…”, seguono i nomi degli sfortunati, molti di origine slava.

L’inverno 1916, già preannunciato da notevoli nevicate settembrine, fu caratterizzato da un tempo davvero infernale. La neve cadeva fitta e lenta per intere giornate e le condizioni dei soldati, letteralmente sotterrati da metri di neve, erano a dir poco drammatiche. Vasti versanti di monti rimasero isolati per mesi.

La furia delle valanghe non cessò fino a primavera inoltrata e prese di mira tutto il fronte dolomitico: i baraccamenti venivano abbattuti, le linee sconvolte e chi riusciva a salvarsi si spostava sempre più in basso.

La lapide nella roccia ricorda la valanga a Cortina

Documentazioni vive e impressionanti sono state tramandate da comandanti e combattenti, sia di parte italiana, che di parte austriaca:
“Venerdì 13 aprile 1916: Tacciono l’odio e la guerra lungo tutto il fronte alpino, perché da un lato e dall’altro gli uomini, oppressi dal terrore e dall’ansia, se ne stanno irrigiditi, annichiliti sotto la furia delle forze primordiali.
È una furia, una sventura così vasta e generale, che nessuno può più pensare alle armi. In questa sola giornata 10.000 vittime della Morte Bianca, 10.000 soldati valorosi, da una parte e dall’altra, sfracellati da inimmaginabili masse di neve.”(Weber)

“Durante la notte si scatenò una tormenta infernale e poco dopo mezzanotte cominciò a nevicare forte. Nella baracca per qualsiasi minima fenditura passava la neve… La baracca, scossa dal vento, aveva sussulti paurosi… Le comunicazioni telefoniche in breve rimasero interrotte.” (Sala)

Enrico Maioni Mountain Guide Dolomiti

Enrico Maioni

Guida Alpina, nato e cresciuto a Cortina d’Ampezzo, con un ampia conoscenza delle Dolomiti e anni di esperienza in montagna.
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