Toponomastica: El Taméi de res óres
Il Taméi de res óres è il nome dato al ripido pendio sul quale si snoda il sentiero che collega il rifugio Dibona con il rifugio Pomédes. La toponomastica della Valle d’Ampezzo è davvero molto ricca di toponimi a volte strambi e curiosi, come ad esempio quello del Confescionario (il confessionale).
Nel nostro caso, il Taméi de res óres mi ha sempre incuriosito, in quanto di difficile interpretazione.
E anche cercando informazioni in merito, nessuno tra i miei amici e conoscenti ha saputo spiegarmi l’arcano. Ho sempre ipotizzato che res óres altro non fossero che le ore, traducendo il termine dalla lingua ladina, ma a quanto pare mi sbagliavo.
Infatti dopo un po’ di ricerche mi è venuto in aiuto uno studio fatto dal prof. Enzo Croatto, linguista italiano. Croatto è noto soprattutto come dialettologo e ha contribuito anche allo studio del ladino e degli altri dialetti dolomitici con numerose pubblicazioni.
Faccio notare che nell’imperdibile volume “Atlante del territorio silvo pastorale delle Regole e del Comune di Cortina d’Ampezzo”, frutto del lungo lavoro svolto per molti anni presso le Regole d’Ampezzo dal Geom. Fiorenzo Filippi, si nomina il Tamei de res ores e non Taméi da res óres, come invece riporta lo studio di Enzo Croatto.
Quanto segue è tratto da un documento conservato nel portale archive.org. Riporto quasi integralmente il testo con alcune piccole modifiche, atte soltanto a semplificarne la lettura.
Lo studio completo si può leggere avvalendosi del link “Credits” a fine pagina.

Il significato del termine Taméi
Il termine taméi giunge da un’antichissima voce prelatina, assai nota in tutta l’area dolomitica, connessa con la base tamara che racchiudeva in sé molti significati: «ramo, palo, stanga, capanna» e infine «trappola». Bisogna però notare che nei dialetti cadorini taméi, tamài ha il valore non solo di «trappola per topi» ma pure di «trappola, tagliola per animali più grossi come volpi ed orsi».
A questo punto il prof. Croatto propone, sulla base di una serie di comparazioni e analisi fonetiche, una ragionevole soluzione al mistero del nostro «enigmatico» toponimo ampezzano, il taméi de res óres.
Il significato di Taméi de res óres
È plausibile che Taméi de res óres racchiuda l’antico nome dell’orso, oggi dimenticato e sostituito da orso, come attestano i toponimi ampezzani Sas de l Orso, Pala de l Orso e Busc de l Orso. Ciò deve essere avvenuto anche altrove, perché in tutto l’Agordino oggi l’animale è denominato ors, di contro alla presenza di toponimi che conservano l’antica voce, come Val da Lóres di S. Tomaso; Ronch de l Óres e Ru da l Óres di Cencenighe. Ma ürsus con epentesi di e ed articolo agglutinato è ancora vivo in alcuni dialetti ladini dolomitici: S. Vito, Borca e Vodo al lóres «l’orso» (top. Pian dal Lóres e Pala dal Lóres, Borca, Forcella Forada), Gardena lóres sf. (top. Plan dla Lóres, Selva e Buja dla Lóres, Ortisei), Livinallongo, lórs f. (top. Plan da Lórs, Pallab. Liv. 1622), Marebbe laûrs f..
In antico, il toponimo doveva probabilmente essere Tamei da(l) lóres. Con la perdita e l’oblio dell’antica forma dello zoonimo lóres, deve essere sopravvenuta una reinterpretazione del toponimo mediante distacco del presunto articolo f. pl., cioè è stato inteso come un veneto-ital. «l(e) ore» ampezzanizzato e normalizzato secondo la fonetica locale in res ores. Eccoci quindi a Taméi de res óres.
Un ulteriore aiuto da Carlo Felice Wolff
Carlo Felice Wolff, l’autore de “I monti pallidi”, citando fedelmente l’etimologia popolare allora corrente, ci fornisce quasi inconsciamente una chiave interpretativa del toponimo che a noi pare sorprendentemente verosimile e che nessuno, ci risulta, aveva segnalato prima: «Dal Cason, salendo un po’ verso il monte, si arriva ad una località chiamata Taméi da res óres cioè orologio solare. Dunque una meridiana fu qui posta certamente in antico; ma attualmente vi si trova solo una caverna di sinistra fama».
Si tratta dunque di una caverna denominata, forse in senso figurato, taméi col probabile valore di «dimora, tana dell’orso» oppure di caverna utilizzata come trappola per la cattura dell’orso, che qui probabilmente si rifugiava. L’ipotesi è affascinante e non sembra assurda. Rimane solo da ispezionare in loco la presenza di questa «sinistra» caverna e augurarci che eventi naturali non l’abbiano distrutta.
Credits: https://archive.org/details/Ladin2007/page/n31/mode/2up