La salita del Monte Fuji

Il Fuji-san, montagna sacra del Giappone

Lo scorso mese di maggio sono salito sul Monte Fuji, la vetta più alta del Giappone con un’altezza di 3.776 metri, al confine tra le prefetture di Shizuoka e Yamanashi nell’isola di Honshu, vicino alla costa sull’Oceano Pacifico.

Nonostante si trattasse già del mio quinto viaggio in Japan, fino ad allora non avevo ancora avuto l’occasione di salire quello che è molto più di un monte, più di una escursione naturalistica, più di una attrazione turistica, è un luogo sacro in Giappone: il simbolo più grande della cultura giapponese.
Agli occhi del “suo” popolo il Monte Fuji rappresenta la forza e la meraviglia della natura, l’eleganza e la perfezione divina, spesso così ben raccontate dagli artisti nel corso dei secoli.

Il Fuji-san (a volte chiamato erroneamente Fujiyama) è un vulcano in stato di quiescenza e si caratterizza per la sua forma quasi perfettamente conica, innevata per dieci mesi all’anno e dagli splendidi colori. L’ultima eruzione del Fuji avvenne circa tre secoli fa, nel 1707. La montagna è ufficialmente iscritta tra i siti candidati a entrare nella lista Unesco World Heritage, il Patrimonio dell’Umanità: difficile pensare che questa candidatura non venga già avallata alla prima occasione utile, il convegno che l’Unesco terrà nei prossimi giorni in Cambogia.

Il vulcano è considerato una delle tre montagne sacre del Giappone, insieme al Monte Tate-Yama e al Monte Hakusan. La popolazione aborigena Ainu venera da sempre il grande picco. Gli Shintoisti considerano la montagna sacra alla dea Sengen-Sama, la quale rappresenta la natura e a cui è dedicato uno dei templi sulla vetta; vestiti con le tuniche bianche, simbolo di purezza, e muniti di bastoni intarsiati che li aiutano a sostenere il peso del corpo e dell’anima, oltre che a scalare il monte, gli Shintoisti pernottano in appositi alloggi per raggiungere la cima al sorgere del sole, immagine vivente della prosperità.

La setta dei Fujiko, invece, crede che il monte sia un’anima vivente e i Buddisti giapponesi credono infine che Fuji-san sia il cancello per accedere a un altro mondo.
Mentre un tempo la salita alla vetta era riservata a fedeli pellegrini, oggi anche le donne e i turisti possono scalarlo, lasciando da una parte i divieti del passato. La scalata alle donne era proibita in quanto secondo la tradizione popolare le divinità della montagna potevano ingelosirsi della presenza di altre donne; furono ammesse solo nel 1872.

Il Fujiyama

Dipinto su tela

Tutti a modo loro, vogliono provare l’antico detto “chi scala il monte Fuji una volta nella vita è un uomo saggio, chi tuttavia lo scala due volte è un pazzo”.

Che i giapponesi amino il Monte Fuji non è una novità, ma lo sapevate che la loro devozione è così grande da indire addirittura un giorno dell’anno come festa dedicata al monte sacro? Ebbene il 23 Febbraio è chiamato Monte Fuji Day.  Il periodo non è stato scelto a caso ovviamente, perché Febbraio è un mese che con il suo cielo limpido, ne fa uno dei mesi migliori per ammirare il picco innevato.

Ufficialmente la data che da inizio alla stagione delle “scalate” al Monte Fuji è il primo luglio, e si chiude a fine agosto.
La salita richiede molte ore, e lungo il cammino si possono trovare punti di ristoro dove riposarsi e rifocillarsi prima di continuare verso la cima. I rifugi sono aperti soltanto nei mesi di luglio e agosto, caratterizzati da un notevole afflusso di escursionisti che vogliono raggiungere la cima.
Molti di loro partono durante la notte o in serata, in modo da raggiungere la cima per poter ammirare l’alba da uno dei posti più suggestivi al mondo. Altri invece preferiscono partire in mattinata per poter assistere al tramonto.

Chi intende salire sul Fuji in estate, quando i rifugi sono aperti, si tolga dalla testa ogni aspettativa sul silenzio e la solitudine che solitamente accompagnano le escursioni in alta montagna: la stagione delle scalate molto breve, in abbinamento al gran numero di giapponesi desiderosi di affrontare il Monte, fa sì che in alcuni tratti, quelli più impervi, sia necessario letteralmente mettersi in fila lungo il sentiero.

Consiglio vivamente di intraprendere la salita nei mesi di aprile o maggio, quando la neve ancora ricopre la sommità del Fuji-san e non si conta ancora un gran numero di escursionisti.
Insieme all’amico e collega Miwa Fumikazu, con i nostri compagni d’avventura, siamo saliti il 25 maggio, quando ancora è necessario l’uso dei ramponi. Per quanto il percorso sia davvero facile, la presenza di neve e ghiaccio scoraggia la maggior parte delle persone, e perciò non c’è ancora molta gente; abbiamo invece incontrato numerosi sciatori che, sci sullo zaino, salivano verso la vetta.
Alcuni di loro, una volta in cima, infilati gli sci scendevano a capofitto con abilità nell’interno del cratere, dove la qualità della neve è migliore, e risalivano a piedi.

Ci sono quattro percorsi per raggiungere la sommità:

1 – Quello utilizzato dai più, è lo Yoshida Trail, che sale sul versante nord della montagna. Ideale per chi proviene da Tokyo e per chi vuole ammirare l’alba, visto che il sole sorge proprio da quel lato della montagna.
2 – Sentiero di Subashiri-guchi, che sale da est.
3 – Sentiero Gotemba-guchi, sul fianco sud-est. Si tratta del sentiero più lungo e difficile.
4 – Noi siamo invece saliti sul versante sud, lungo il sentiero di Fujinomiya-guchi o sentiero di Mishima-guchi, consigliabile a chi proviene dalla regione del Kansai.

Vie di salita al Fujiyama

Il percorso offre un bel panorama della baia di Suruga e della penisola di Izu. Il tempo necessario per superare i quasi 1400 metri che portano alla vetta è mediamente di quattro-cinque ore.
Come ho già detto, la salita non presenta alcuna difficoltà e può essere affrontata da chiunque sia ben allenato e abituato a camminare in montagna. L’uso dei ramponi su un terreno come questo è di facile apprendimento, in quanto non si tratta di arrampicare sul ghiaccio ma semplicemente di camminare su un pendio innevato. Ricordiamo però che ci troviamo su una montagna di quasi 4000 m., e un repentino cambiamento delle condizioni meteo o un piccolo imprevisto possono rendere le cose molto difficili, non sottovalutate questa salita.

Una volta in cima lo spettacolo fantastico ripaga ampiamente la fatica della salita. Nelle rarissime giornate senza nuvole dalla sommità del monte è possibile ammirare la baia di Tokyo e il Pacifico, ma è assai più probabile che dovrete “accontentarvi”, proprio come ho fatto io, di ammirare il mare di nuvole che si trovano centinaia di metri sotto di voi.
In prossimità della vetta, sul versante sud, è stato eretto un tempio Shintoista, con l’immancabile torii
(il torii è il tradizionale portale d’accesso giapponese che porta ad un jinja – santuario Shintoista – o, più semplicemente, ad un’area sacra. La sua struttura elementare è formata da due colonne di supporto verticali e un palo orizzontale sulla cima).

Sulla cima vera e propria, invece, un orribile rifugio con annessa stazione meteorologica deturpa, a mio parere, lo scenario e l’ambiente circostante.
Se non siete troppo stanchi consiglio di fare come noi il giro del perimetro del cratere. La camminata richiede circa un’ora e si ha modo di affacciarsi sui vari versanti del Fuji. Lungo il percorso troviamo, oltre al rifugio del versante nord, altri torii che ben fanno capire quanto sacra sia questa montagna per il popolo giapponese.
La discesa si svolge lungo la stessa via di salita e richiede ovviamente meno tempo, ma può diventare molto lunga se le gambe sono stanche, non dimentichiamolo…

Concludo qui il mio articolo sul Fuji-san, la montagna sacra del Giappone; contattatemi se avete bisogno di altre informazioni, o ancor meglio se volete accompagnarmi nel mio prossimo viaggio in Giappone: non credo infatti che rispetterò l’antico detto “chi scala il monte Fuji una volta nella vita è un uomo saggio, chi tuttavia lo scala due volte è un pazzo” … Dovessi anche salire molte volte sul Fuji, sarà sempre un’esperienza indimenticabile!


Enrico Maioni Mountain Guide Dolomiti

Enrico Maioni

Guida Alpina, nato e cresciuto a Cortina d’Ampezzo, con un ampia conoscenza delle Dolomiti e anni di esperienza in montagna.
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