La discesa del canalone del Ru de r’Ancona
Nell’estate 1977 per la prima volta discesi il profondo invaso roccioso nel quale si fa strada il Ru de r’Ancona con alcuni amici fra i quali Enrico, che mi ospita cortesemente su questo sito, e poi in altre occasioni fino al 10/11/1990 con Max e Sandro.
Dal Busc (l’alto foro naturale ai piedi della Croda omonima, teatro della leggenda del demonio, fuggito da lassù forando a cornate la parete rossastra, poiché non gli era stato possibile convertire i riottosi ampezzani), l’invaso scende a incrociare la Strada d’Alemagna, all’altezza del Ponte de r’Ancona.
Il canalone si sviluppa in un recesso ripido e impervio, per circa 600 metri di dislivello. Con un po’ di attenzione, visto il letto detritico tormentato e instabile e la mancanza di tracce, è comunque tutto percorribile, a parte un breve tratto.
Giunto infatti piuttosto in basso, il torrente che lo percorre si allarga in una vasca levigata, oltre la quale un salto di circa 15 metri d’altezza, irrorato da una graziosa cascatella, non lascia proseguire naturalmente.
La soluzione del problema si nasconde sulla destra orografica. Labili tracce nella vegetazione risalgono ad un antico cippo forestale e poi scendono dal versante opposto, permettendo di dribblare l’ostacolo e rientrare comodamente nel sassoso Ru de r’Ancona.
Il canalone, che a mio giudizio non gode di grande frequentazione, anche perché la parte alta è abbastanza disgregata e richiede un certo impegno escursionistico, fu sceso con gli sci nella primavera 1984 da Nina Bartoli Ford, da sola. Della singolare impresa diede notizia il semestrale “Le Dolomiti Bellunesi”.
Fra le avventure selvagge possibili a Cortina, questa è consigliabile a persone esperte e disinvolte, munite di ottimi polpacci e robuste calzature.
Salire fino al Busc lungo la diruta mulattiera militare (che io chiamo “dei tre occhi”, per la presenza di tre cavernette di guerra, allineate su una cengia) che fiancheggia il canale sulla sinistra orografica, parsimoniosamente segnalata in rosso, poi varcare il finestrone roccioso e quindi destreggiarsi tra i detriti fino alla strada d’Alemagna: è un “sentiero selvaggio” che credo nessun libro abbia pubblicato.
Se percorso con il dovuto rispetto per l’ambiente quasi intatto, esso permette di recuperare un frammento di “wilderness” altrove ormai scomparsa.
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